La farmacoepigenetica studia la variabilità individuale di risposta ai farmaci sulla base delle modificazioni epigenetiche, come la metilazione del DNA, le modificazioni istoniche e gli RNA non codificanti.

Uno dei marker farmacoepigenetici più consolidati ai fini della stratificazione dei pazienti nella terapia antitumorale è la metilazione del promotore di MGMT, predittiva di risposta agli agenti alchilanti nel trattamento del glioblastoma.

I primi studi in cui l’ipermetilazione del promotore di MGMT veniva suggerita come un importante marker molecolare nei gliomi ad alto grado risalgono al 2000.

Nell’ultima decade sono stati intrapresi svariati trial al fine di capire la relazione tra l’efficacia della terapia con gli agenti alchilanti e lo stato di MGMT. In molti si è osservata una correlazione tra bassa espressione di MGMT e aumentata sopravvivenza libera da malattia in pazienti con glioblastoma (GBM) trattati con temozolomide (TMZ). In vari studi poi la metilazione del promotore di MGMT ha dimostrato di essere un fattore prognostico favorevole sempre nei pazienti con GBM trattati con TMZ da sola o in combinazione con radioterapia, la sopravvivenza dei quali migliorava in presenza di MGMT ipermetilato. Queste scoperte concordano con quanto riportato recentemente sulla correlazione tra metilazione del promotore di MGMT e risposta alla terapia con TMZ.
Lo stato di metilazione del promotore di MGMT è il fattore prognostico più forte per l’outcome nei pazienti con glioblastoma alla diagnosi ed è un potente predittore di risposta alla chemioterapia alchilante. I tassi di sopravvivenza a 2 e a 5 anni nei pazienti con MGMT metilato trattati con temozolomide concomitante e adiuvante sono del 49% e del 14% rispettivamente, mentre quelli dei pazienti trattati inizialmente solo con radioterapia sono solo del 24% e del 5%. La sopravvivenza dei pazienti con MGMT non metilato a 2 e a 5 anni risulterebbe del 15% e dell’8% rispettivamente in caso di chemio-radioterapia combinata e del 2% e dello 0% dopo trattamento con la sola radioterapia.

Inoltre, la dimostrazione che il 74% dei pazienti con glioblastoma che sopravvive oltre i 5 anni ha l’MGMT metilato, mentre questa percentuale è inferiore al 50% nei pazienti con glioblastoma non selezionati, sottolinea il valore prognostico dello stato di MGMT.

Il grado di metilazione, ottenibile con pyrosequencing, è stato proposto come fattore prognostico indipendente per stratificare ulteriormente i pazienti con GBM trattati con TMZ e radioterapia. Considerato il 9% di metilazione come cut-off tra tumori metilati e non, i pazienti con una percentuale di metilazione media superiore al 29%, calcolata su 12 siti CpG di MGMT, mostravano un esito clinico migliore, con valori di progression-free survival e overall survival significativamente più alti di quelli dei pazienti con metilazione di MGMT compresa tra il 9% e il 29%.

Anche a seguito dei risultati dell’ampio trial clinico internazionale di fase III presentati all’ASCO 2011, molti studiosi suggeriscono di inserire l’analisi di metilazione del promotore di MGMT nella gestione standard del paziente con glioblastoma, invocando l’approvazione dell’FDA per l’utilizzo di questo marker farmacoepigenetico nella pratica clinica.

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